lunedì 3 novembre 2014

LA SAGGIA, VIRTUOSA E DISINTERESSATA UTILITA’ DEGLI STUDI UMANISTICI

L’Università degli Studi di RomaTre organizza una giornata dedicata all’importanza e all’utilità degli Studi Umanistici nello scenario sociale e civile dell'Italia di oggi. L’evento è in programma nella giornata di venerdì 12 dicembre. Come valorizzare gli Studi Umanistici in una società globalizzata e tecnologica che nega valore a tutto ciò che non produce un profitto immediato? E’ questo che ci chiediamo noi del Dipartimento degli Studi Umanistici del giovane ateneo romano che riunisce corsi di studio dall’ampia e articolata offerta didattica: Lettere, Storia e conservazione del patrimonio artistico e archeologico, Lingue e culture straniere, Scienze delle religioni, Storia dell’arte.

Oggi, purtroppo, si assiste a un progressivo smantellamento dell’istruzione umanistica in nome di un utilitarismo che tende a privilegiare le competenze tecniche e specialistiche. La cultura imperniata solo sulla logica del profitto e sulla crescita del P.I.L. è devastante, ma forse sfugge agli esperti economisti che l’utilità invocata dagli studi umanistici non è quella mercantile del guadagno. E’ un’utilità virtuosa, saggia, disinteressata.Di fronte alla conclamata perdita di credito sociale e di prestigio della letteratura, così come di tutte le discipline umanistiche e le attività artistiche, è comprensibile l’ansia di riconsiderazione delle humanae litterae che ha prodotto, sempre più spesso negli ultimi anni, libri, saggi, dibattiti e convegni. Sembra essere ormai del tutto inefficace la classica risposta di Spinoza alla tradizionale domanda sul significato e sul valore della humanitas, risposta che per secoli, dall’Umanesimo in poi, ha garantito legittimità agli studi filosofici e letterari: essi ci aiutano a vivere “una vita propriamente umana". In questo ambito si inserisce quella che recentemente una pensatrice statunitense, Martha Nussbaum, ha definito “crisi dei saperi socratici”(Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, 2012), ossia dei saperi fondati su competenze non misurabili, quali la capacità di argomentare e di riflettere, di confrontarsi e di mettersi in discussione, di assumere il punto di vista dell’altro, di elaborare soluzioni innovative rispetto ai contesti in cui sorgono i nostri problemi. Letteratura, poesia, arte, ricerca teorica, sono utili “alla lunga” e non nell’immediato, e alimentano quella che si può definire “industria della coscienza”. La natura dei saperi umanistici è gratuita, la loro utilità non si riduce a educare il gusto estetico dell’individuo: aveva ragione il poeta statunitense Ezra Pound, per cui la letteratura, intesa come arte in genere, “incita l’umanità, nonostante tutto, a vivere”. L’attrattiva intellettuale delle discipline liberali è fuori discussione: la trasmissione del passato, la memoria collettiva, la sensibilità artistica, la consapevolezza linguistica e teoretica sono pratiche che nessuna società ha abolito. Tuttavia, è necessario che l’Università in quanto istituzione affronti l’attuale crisi delle scienze umane dimostrando che una laurea in settori umanistici può ancora favorire l’ingresso nel mondo del lavoro. Se lo scrittore e giornalista Marco Lodoli, qualche anno fa, in un intervento su La Repubblica, annunciava in tono apocalittico la morte dell’Umanesimo (“la cultura umanista sembra aver concluso il suo ciclo … Questa è la stagione dell’onnipotenza tecnologica”, La Repubblica, 31 0ttobre 2012), noi studenti della facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Università di RomaTre, insieme al supporto di docenti ed esperti, vogliamo far risorgere dalle ceneri della società moderna e in continuo cambiamento l’utilità degli Studi Umanistici. Nonostante la crisi culturale, la formazione di tipo umanistico ha ancora una sua utilità e un suo valore intrinseco: vogliamo abolire il luogo comune del “litterae non dant panem”, riallacciandoci alla riflessione di un grande intellettuale del Novecento italiano, Carlo Malerba, che nel 1996 affermava:

 “La cultura in grado di offrire una prospettiva accettabile per il nostro futuro, una coscienza sociale, una idea della convivenza pacifica, un orizzonte politico meno provvisorio, è proprio la cultura umanistica, le idee dei filosofi, degli scrittori, dei poeti [...] La decadenza degli studi umanistici a vantaggio della pratica tecnologica non può non preoccupare ogni persona di buon senso. Abbiamo in soprannumero addetti alla produzione e allo studio di nuove tecnologie, ma ciò che serve a noi non è un più vasto sapere tecnico. Ciò di cui abbiamo un bisogno disperato e urgente è un tipo di cultura, e perciò di educazione, che ci permetta di usare saggiamente gli strumenti di cui già disponiamo e di superare indenni l’invadenza tecnologica. [...] Qualcuno ha portato il disordine in cielo e ha sottratto agli uomini innocenti il luogo della poesia e della favola. Purtroppo questo succede perché ai posti di comando arrivano troppo spesso uomini privi di quelle vigili prospettive che soltanto la cultura umanistica può dare. Per far fronte all’insipienza irresponsabile, alla volgarità e all’arroganza del “parlar corto”, per opporre resistenza alle decisioni miopi e avventate che dobbiamo subire quotidianamente e ridare forza a una idea prospettica della civiltà, io credo che ci sarà di grande aiuto proprio la letteratura, ancora alla ricerca di un riscatto dalle sue colpe immaginarie” (Che vergogna scrivere, 1996).

Su questa linea intendiamo inserirci, proponendo una conferenza in forma dialogica aperta al confronto in cui interverranno personalità di rilievo del mondo dell’editoria, del giornalismo, della scuola e dell’università. Confermati i nomi di Luciano Canfora, professore ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari e rinomato storico e saggista italiano, e di Marino Sinibaldi, giornalista e critico letterario, direttore di Radio 3 e recentemente nominato presidente del Teatro di Roma.


Francesca Bini

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