L’Università degli Studi di RomaTre
organizza una giornata dedicata all’importanza e all’utilità degli Studi
Umanistici nello scenario sociale e civile dell'Italia di oggi. L’evento è in
programma nella giornata di venerdì 12 dicembre. Come valorizzare gli Studi
Umanistici in una società globalizzata e tecnologica che nega valore a tutto
ciò che non produce un profitto immediato? E’ questo che ci chiediamo noi del
Dipartimento degli Studi Umanistici del giovane ateneo romano che riunisce
corsi di studio dall’ampia e articolata offerta didattica: Lettere, Storia e
conservazione del patrimonio artistico e archeologico, Lingue e culture
straniere, Scienze delle religioni, Storia dell’arte.
Oggi, purtroppo, si assiste a un
progressivo smantellamento dell’istruzione umanistica in nome di un utilitarismo
che tende a privilegiare le competenze tecniche e specialistiche. La cultura imperniata solo sulla logica del
profitto e sulla crescita del P.I.L. è devastante, ma forse sfugge agli esperti
economisti che l’utilità invocata dagli studi umanistici non è quella
mercantile del guadagno. E’ un’utilità virtuosa, saggia, disinteressata.Di fronte alla conclamata
perdita di credito sociale e di prestigio della letteratura, così come di tutte
le discipline umanistiche e le attività artistiche, è comprensibile l’ansia di riconsiderazione
delle humanae litterae che ha
prodotto, sempre più spesso negli ultimi anni, libri, saggi, dibattiti e
convegni. Sembra essere ormai del tutto inefficace la classica risposta di
Spinoza alla tradizionale domanda sul significato e sul valore della humanitas, risposta che per secoli,
dall’Umanesimo in poi, ha garantito legittimità agli studi filosofici e letterari:
essi ci aiutano a vivere “una vita
propriamente umana". In questo ambito si inserisce quella che recentemente una pensatrice
statunitense, Martha Nussbaum, ha definito “crisi
dei saperi socratici”(Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno
della cultura umanistica, 2012), ossia dei saperi fondati su
competenze non misurabili, quali la capacità di argomentare e di riflettere, di
confrontarsi e di mettersi in discussione, di assumere il punto di vista
dell’altro, di elaborare soluzioni innovative rispetto ai contesti in cui
sorgono i nostri problemi. Letteratura, poesia, arte, ricerca teorica,
sono utili “alla lunga” e non
nell’immediato, e alimentano quella che si può definire “industria della
coscienza”. La natura dei saperi umanistici è gratuita, la loro utilità non si
riduce a educare il gusto estetico dell’individuo: aveva ragione il poeta
statunitense Ezra Pound, per cui la letteratura, intesa come arte in genere, “incita l’umanità, nonostante tutto, a
vivere”. L’attrattiva intellettuale delle discipline liberali è fuori
discussione: la trasmissione del passato, la memoria collettiva, la sensibilità
artistica, la consapevolezza linguistica e teoretica sono pratiche che nessuna
società ha abolito. Tuttavia, è necessario che l’Università in quanto
istituzione affronti l’attuale crisi delle scienze umane dimostrando che una
laurea in settori umanistici può ancora favorire l’ingresso nel mondo del
lavoro. Se
lo scrittore e giornalista Marco Lodoli, qualche anno fa, in un intervento su La Repubblica, annunciava in tono
apocalittico la morte dell’Umanesimo (“la
cultura umanista sembra aver concluso il suo ciclo … Questa è la stagione
dell’onnipotenza tecnologica”, La
Repubblica, 31 0ttobre 2012), noi studenti della facoltà di Lettere e
Filosofia dell’ Università di RomaTre, insieme al supporto di docenti ed
esperti, vogliamo far risorgere dalle ceneri della società moderna e in
continuo cambiamento l’utilità degli Studi Umanistici. Nonostante la crisi
culturale, la formazione di tipo umanistico ha ancora una sua utilità e un suo
valore intrinseco: vogliamo abolire il luogo comune del “litterae non dant panem”, riallacciandoci alla riflessione di un
grande intellettuale del Novecento italiano, Carlo Malerba, che nel 1996
affermava:
“La
cultura in grado di offrire una prospettiva accettabile per il nostro futuro,
una coscienza sociale, una idea della convivenza pacifica, un orizzonte
politico meno provvisorio, è proprio la cultura umanistica, le idee dei
filosofi, degli scrittori, dei poeti [...] La decadenza degli studi umanistici
a vantaggio della pratica tecnologica non può non preoccupare ogni persona di
buon senso. Abbiamo in soprannumero addetti alla produzione e allo studio di
nuove tecnologie, ma ciò che serve a noi non è un più vasto sapere tecnico. Ciò
di cui abbiamo un bisogno disperato e urgente è un tipo di cultura, e perciò di
educazione, che ci permetta di usare saggiamente gli strumenti di cui già
disponiamo e di superare indenni l’invadenza tecnologica. [...] Qualcuno ha
portato il disordine in cielo e ha sottratto agli uomini innocenti il luogo
della poesia e della favola. Purtroppo questo succede perché ai posti di
comando arrivano troppo spesso uomini privi di quelle vigili prospettive che
soltanto la cultura umanistica può dare. Per far fronte all’insipienza
irresponsabile, alla volgarità e all’arroganza del “parlar corto”, per opporre
resistenza alle decisioni miopi e avventate che dobbiamo subire quotidianamente
e ridare forza a una idea prospettica della civiltà, io credo che ci sarà di
grande aiuto proprio la letteratura, ancora alla ricerca di un riscatto dalle
sue colpe immaginarie” (Che vergogna
scrivere, 1996).
Su questa linea intendiamo
inserirci, proponendo una conferenza in forma dialogica aperta al confronto in
cui interverranno personalità di rilievo del mondo dell’editoria, del
giornalismo, della scuola e dell’università. Confermati i nomi di Luciano
Canfora, professore ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università
di Bari e rinomato storico e saggista italiano, e di Marino Sinibaldi,
giornalista e critico letterario, direttore di Radio 3 e recentemente nominato
presidente del Teatro di Roma.
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